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Redi, F., 1671. Esperienze intorno a diverse cose naturali, e particolarmente a quelle, che ci son portate dall'Indie, fatte da Francesco Redi e scritte in una lettera al reverendissimo' padre Atanasio Chircher, della Compagnia di Giesu. Firenze, all'Insigna della Nave, pp. i-iv, 1-152

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Location: World
Subject: Text as original
Species: All Rhino Species


Original text on this topic:
Text, pp. 94-95
Nell’America meridionale nascono ragni di così sterminata grossezza, che alcuni di essi, per riferto del padre Eusebio Nierembergio, agguagliano la grandezza dell’uova delle colombe, ed altri quella di un mezzo cedro. Altri ve ne son pure nell’America meridionale nelle parti del Perù, del Cile, e massime nel Brasil nelle Capitanie di Pernambucco, di Tamaraca, e di Paraiba, i quali son velenosissimi, e passano la grossezza di un’arancia. Questi di Pernambucco anno l’unghie dure, fosche, e dotate di tanta virtù, che legate in oro, ovvero in argento, col solo tatto guariscon subito, quasi per miracolo, qualsisia più tormentoso dolor di denti: ed il Zacuto Portughese fa testimonianza indubitata di averle provate con felicissimo successo. Vorrei credere al racconto del Zacuto; ma non me lo voglion permettere l’esperienze fatte con alcune di quell’unghie portate nella Corte di Toscana da don Antonio Morera, le quali non mi anno mai dato contrassegno veruno d’aver questa maravigliosa virtù, che ne meno è da me stata trovata ne’ denti del Rinoceronte; onde savio è da giudicarsi Olao Vormio, che nel suo Museo schiettamente confessò di non averne fatta la prova. Ferunt dentem hunc dolenti denti applicatum, dolores sedare, quod tamen non dum expertus sum. Raccontano maraviglie del sangue del suddetto Rinoceronte nel guarire i dolor colici, nello stagnare i flussi di sangue, e nel provocare i soliti, e necessari fiori alle donne (che pur son due virtù tra di loro contrarie). Dicono che la pelle di questo animale infusa lungamente, e bollita nell’acqua, e poscia per tre giorni continui bevutane la decozione, sia medicina sicurissima a coloro, che per languidezza di stomaco, o per qualsisia altra cagione, aborriscono il cibo, e son tormentati da continua inappetenza. Ed il volgo, che ama grandemente d’essere ingannato, e che ha tutta la sua speranza nelle cose pellegrine, e difficili ad ottenersi, lo crede facilissimamente, ma io non so indurmici, perchè ne parlo dopo averne fatte molte prove; E che non si dice egli, e che non si predica delle virtù del corno di questo stesso animale valevoli a difendere il cuore, e la vita da qualsisia veleno? e pure io non ne ho mai veduto un minimo effetto, specialmente contro ’l veleno delle Vipere, e degli Scorpioni di Tunisi. Ne meno ho veduto effetto alcuno delle corna della granbestia contro ’l mal caduco, quantunque scriva Olao Vormio, che Cornua insigni pollent adversus epilepsiam facultate, imprimis si circa kalendas Septembris animal capiatur, et mactetur quia tum maxime vegetum, et succulentum in venerem ferri solet. Tal condizione però, che si debbano usar le corna della granbestia ammazzata intorno al principio di Settembre, non vien comunemente approvata, anzi vi son certuni, i quali vogliono, che solamente sien buone quelle che spontaneamente ogni anno cascano; Ed altri più superstiziosamente si ristringono a dire, che la virtù contro ’l malcaduco solamente consista nel corno destro, essendone affatto privo il sinistro. Questa differenza tra ’l destro, e ’l sinistro corno, credo che sia fondata su quella favola recitata da Teofrasto nel libro degli animali, che son creduti invidiosi, dove si dice, che il cervio 30 quando gli cade il corno destro lo nasconde sotto terra perchè non vuole, che gli uomini possan godere delle sue maravigliose virtudi. Nelle mie Esperienze intorno alla generazione degl’Insetti, accennai esser menzogna, che il cervio avesse questa invidiosa naturalezza d’occultare quel corno; imperocchè tanto quello, che il sinistro, ei gli lascia in abbandono a benefizio di fortuna là dove gli cascano senza prendersene altro pensiero; E me ne son molto ben certificato, avendovi per molt’anni fatta particulare osservazione, mentre col Serenissimo Granduca mi son trovato alle cacce di Pisa abbondantissime di cervi; ed in questo rintracciamento sono stato curioso di osservare altre particularità intorno alle corna di essi cervi, alcune delle quali scriverò qui appresso per compiacer al genio di coloro, che delle cose della storia naturale si dilettano, e parte serviranno per confermare, e parte per confutare quelle opinioni, che intorno a questa materia sono state tenute dagli Antichi.

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